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L’aumento delle coltivazioni intensive ha determinato una  diminuzione  della quantità di sostanza organica presente nei suoli, rendendo necessario l’utilizzo di prodotti fertilizzanti per mantenere l'attuale produzione agricola. La scelta dell’ammendante da utilizzare non solo deve favorire l’aumento di produttività delle colture ma deve anche tenere conto degli effetti sull’ambiente, incluse le emissioni di gas serra in atmosfera. I fertilizzanti apportano al suolo sostanze nutritive, tra cui azoto (N), fosforo (P) e potassio (K), che vengono solo in parte utilizzati dalle piante. Una parte dei composti azotati in eccesso viene utilizzata da batteri nitrificanti e denitrificanti che, a basse concentrazioni di ossigeno o in sua assenza, possono generare protossido d'azoto (N2O), quest'ultimo è uno dei  gas atmosferici responsabili dell'effetto serra. La gestione agricola dei residui organici nei sistemi agricoli può anche portare alla formazione di un altro gas ad effetto serra, il metano (CH4), grazie all'attività dei batteri definiti "metanogeni". Questi gas, insieme all'anidride carbonica e ad altri gas, assorbono il calore emesso dalla superficie del nostro pianeta intrappolandolo negli strati bassi dell’atmosfera, favorendo in questo modo un aumento della temperatura dell’aria; questo fenomeno, viene  chiamato effetto serra. La percentuale di gas serra in atmosfera viene regolata attraverso dei complessi processi di scambio con le altre componenti ambientali (principalmente organismi viventi, suolo, acque dolci ed oceani). Alle emissioni naturali di gas serra in atmosfera si sommano quelle collegate alle attività antropiche che amplificano l’effetto serra, favorendo un aumento della temperatura media dell’aria.

L’agricoltura, soprattutto quella intensiva, può rappresentare una fonte importante di gas ad effetto serra, tuttavia essa è anche un’attività produttiva indispensabile.

 

Ci parla della ricerca la Dr. Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. , docente di Ecologia applicata presso il Corso di Laurea in Scienze Ambientali, e autrice di molti articoli su riviste nazionali ed internazionali.

 

 

I ricercatori del gruppo di Ecologia del DiSTABiF studiano metodi di gestione sostenibile dei sistemi agricoli. Tra questi una tecnica recente e molto promettente è l’utilizzo del biochar come ammendante. Il biochar, o carbone vegetale, è prodotto da un processo di  pirolisi  di biomasse (residui vegetali, rifiuti organici, etc.)  a bassa temperatura (circa 500 °C)  che contiene circa il 50% del carbonio originario della biomassa.

 

 

L’utilizzo del biochar offre diversi vantaggi: rappresenta carbonio organico vegetale in una forma difficilmente degradabile, è una fonte di minerali a lento rilascio, aumenta la ritenzione dei nutrienti nel suolo e può rappresentare un rifugio per i microrganismi. In questo studio  si è testato l’impatto del biochar come ammendante in un esperimento di campo su frumento, e si è valutato l’effetto del trattamento sul bilancio di gas serra, sulla comunità microbica del suolo, che svolge un ruolo fondamentale nel riciclo dei nutrienti, ed in parallelo si è valutato l’effetto del biochar sulla crescita del frumento (Vaccari et al. 2011, EUR.J.AGR 34, 231-238). Il biochar è stato aggiunto al terreno in diverse dosi, e i flussi di gas ad effetto serra sono stati misurati durante le fasi rilevanti emissive della cultura di grano.

 

I risultati del lavoro hanno mostrato che l’utilizzo del biochar riduce le emissioni di N2O associate alle diverse fasi culturali, non ha apparentemente influenza negativa e transitoriamente stimola l’attività della comunità microbica del suolo.

 

Questi risultati, associati alla maggiore resa di grano, che si ottiene nei siti trattati con biochar, confermano le potenzialità di questo ammendante nel campo agronomico.

 

 



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